La valutazione neuropsicologica nell’adulto è spesso connessa al decadimento cognitivo o alla demenza senile.

Durante la visita, il neuropsicologo valuta lo stato delle funzioni cognitive e le alterazioni comportamentali per poi arrivare a una diagnosi e al successivo trattamento.

Quali sono i sintomi del deterioramento cognitivo?

La valutazione neuropsicologica permette di rilevare non solo la presenza del deficit cognitivo ma anche la sua entità.
Nei casi di decadimento cognitivo lieve i sintomi riguardano soprattutto la perdita di memoria, a volte persino più accentuata rispetto ai pazienti che soffrono effettivamente di demenza senile. Al contrario di questi, però, i pazienti interessati dalla forma lieve non manifestano alterazioni a funzioni che impediscono le normali attività quotidiane.

I sintomi della demenza senile possono essere divisi in precoci, intermedi e tardivi.
La fase precoce interessa soprattutto la memoria a breve termine con la manifestazione di:

  • Agnosia: difficoltà a identificare gli oggetti, benché i sensi non abbiano alterazioni delle funzioni
  • Aprassia: nonostante l’integrità delle funzioni motorie, il paziente manifesta impedimento nell’esecuzione di compiti motori abituali.
  • Afasia: ridotta capacità della comprensione e dell’utilizzo del linguaggio.

Nella fase intermedia i sintomi sopra descritti si aggravano, portando a una compromissione ulteriore della memoria e all’insorgenza di disturbi comportamentali.
I pazienti possono manifestare agitazione, diventare non cooperativi o persino ostili e mettersi a vagare in stato confusionale.

La fase grave vede il peggioramento dei sintomi legati alle funzioni cognitive: i pazienti non hanno più cognizione del tempo e degli spazi, si muovono autonomamente ma il loro stato confusionale aumenta il rischio di cadute e incidenti.
La fase del sonno è disorganizzata e in alcuni casi le alterazioni sensoriali possono portare a psicosi, con casi di allucinazione e delirio.

Nella fase terminale il paziente non è più in grado di muoversi né di alimentarsi ed entra in stato di coma finché non sopraggiunge il decesso.

Quali esami per diagnosticare la demenza senile?

L’esame di partenza è proprio la valutazione neuropsicologica dell’adulto, quindi l’analisi di tutti i fattori cognitivi, in particolare legati alla memoria.

Durante la visita il neuropsicologo cerca i sintomi per distinguere se si tratta di un caso di delirium o di demenza. Il delirium infatti è una condizione reversibile, se viene trattata con la terapia adeguata.

Inoltre vengono valutate anche le cause non legate all’età che possono portare all’alterazione delle funzioni cognitive, come la depressione. In questi casi, anche se anziani, i pazienti soffrono di declino cognitivo, condizione diversa dalla demenza. Il trattamento del declino cognitivo nei soggetti che soffrono di depressione, per es., è possibile tramite il trattamento della depressione stessa.

Oltre alla memoria vengono valutate la capacità di comprensione, di linguaggio e di ragionamento, le disfunzioni visuo-spaziali (come la difficoltà di riconoscere alcuni oggetti). Cruciale è anche la rilevazione di anomalie nel comportamento e nella personalità.

Dopo la valutazione neuropsicologica, lo specialista può richiedere alcuni esami di laboratorio per arrivare alla diagnosi: misurazione dell’ormone stimolante la tiroide (TSH), dei livelli di vitamina B12, e dei biomarcatori dell’Alzheimer.

Nella valutazione iniziale vengono prescritti anche esami di neuroimaging (TC o RM) per individuare la presenza di tumori, ematomi o altre possibili cause reversibili della demenza.

Una valutazione neuropsicologica tempestiva è fondamentale per riconoscere il decadimento cognitivo o la demenza senile.
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